Gli Olivetani

3. GLI OLIVETANI

La sopraccitata bolla emessa da Sisto IV “decreta da una parte l’estinzione della prepositura degli umiliati”[1], con remissione della commenda sulla stessa da parte del cardinale Roverella nelle mani del pontefice, dall’altra sancisce al contempo il passaggio della prepositura, “con tutti gli emolumenti”[2], alla benedettina Congregazione di Monte Oliveto, di cui era abate generale Nicolò Roverella fratello del cardinale Bartolomeo, su richiesta proprio di Nicolò.

L’abate generale Nicolò Roverella

deputò il padre Paulo degli Agostini d’Argenta, allora vicario generale del monastero di S. Giorgio di Ferrara, col carico di venire a queste parti per prendere possesso […] di quanto spettava al benefizio unito; ma questo fu trovato in desolazione tanto nelle fabbriche, quasi cadenti, e ne’ beni non solo deteriorati ma in buona parte perduti […] Fu esposto dal monaco il tutto al padre generale suddetto, e rappresentato insieme il grave dispendio che esigeva l’universale ristoro delle fabbriche e bonificazione di quei terreni[3].

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Rhodigium Vulgo Rovigo, Amsterdam 1704.

La situazione era molto grave. Urgeva dunque un rapido, importante quanto oneroso, intervento. Fu ritenuto di richiedere, sembra sia dal Padre degli Agostini che dall’abate generale dell’ordine, Nicolò Roverella, anche con la mediazione del fratello cardinale Bartolomeo, che venissero aggiunte alla nuova abbazia olivetana, le proprietà dell’ormai scomparsa abbazia di San Pietro in Maone; questa richiesta venne accolta con l’emissione da parte di Sisto IV di una bolla nel 1476.[4] A queste si aggiunse anche la Chiesa della Madonna dei Sabbioni e relative pertinenze. Juspatronato dei Duchi d’Este dalla fine del XIII secolo, Ercole I vi rinunciò nel 1476 consentendo così il passaggio del priorato agli Olivetani, anche se il possesso definitivo avvenne solo nel 1495.[5]

Nel capitolo generale tenutosi a Monte Oliveto nei primi giorni di maggio del 1476, si procede a nominare fra’ Sebastiano da Siena priore del nuovo monastero rodigino “con l’incarico, è presumibile, della sistemazione economica e ambientale del monastero, che, in quel periodo, si trovava in condizioni disastrose”[6]. Nei due anni che seguirono, fra’ Sebastiano dovette svolgere un eccellente lavoro se, nel 1478, alla designazione del nuovo priore, fra Paolo di Dalmazia, vengono anche assegnati un vicario, fra Paolo d’Argenta, e un portinaio, l’oblato Martino.

 

3.1 UN NUOVO MONASTERO

Da quanto emerge dagli scritti di Rossi[7] i primi olivetani occupavano i locali fatiscenti del monastero umiliato e officiavano nella chiesa fondata da fra’ Paglia oltre due secoli prima. La loro prima preoccupazione si rivolse proprio alle dotazioni dell’edificio sacro: “calici, pianete ed altro che si crede, di camici e biancheria”[8].

In merito alla data esatta, se ve ne è una, dell’inizio dei lavori, o quanto meno della fondazione del nuovo monastero, le fonti sono discordanti. Infatti se per Rossi l’edificazione di un “quadrato chiostro”[9] avvenne nel 1479 quale attuazione di una volontà dell’Arcivescovo di Ravenna Filiasio Roverella, nipote del cardinale Bartolomeo.

In seguito di che volle inoltre il prefato degno Arcivescovo Filiasio contribuire alla nuova Erezione di ditto Monastero di S. Bartolomeo; mentre sotto li 23 dicembre delo stesso anno 1479; si obbligò con pubblico Istromento di pagare ogn’anno al prefato Monastero docati 200; incaricatone a tal’effetto un suo Affittuale, per la costruzione della Fabrica, che fù della Chiesa, Sagrestia, Refettorio, Cucina, Granajo, Camere, e Camerone per Foresteria, ed un Chiostro con Dormitorio di 6 Camere per parte, con altre adjacenze di altre Camere, e comodi[10].

 

E, precisa in altro cartulario, che “fu gettato a terra per poche camere il vecchio” monastero[11].

Un documento interessante citato da Romagnolo[12] anticipa la posa della prima pietra al 7 dicembre 1478 ad opera di fra Paolo d’Argenta. “Il serà notto come dell’anno 1478 adi 7 de decembre fo comenzato el monastero de San Bartolomeo de fondare. E la prima pietra ge meti mi fra Paulo da Ragenta”[13].

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Rhodigium Vulgo Rovigo, Amsterdam 1704 Particolare del Monastero di San Bartolomeo.

L’apparente contraddizione tra le due notizie è spiegabile parzialmente con il fatto che nel documento citato da Romagnolo si riporta la posa della prima pietra ad opera di fra Paolo d’Argenta, nominato vicario del monastero rodigino nella primavera di quello stesso 1478; mentre Rossi fa esclusivamente riferimento all’edificazione di un “quadrato chiostro” e alla demolizione del monastero umiliato. Il che ci suggerisce la seguente successione dei fatti: 1478 l’anno di posa della prima pietra e nel 1479 l’inizio effettivo dei lavori.

I lavori procedettero a rilento, forse anche per le vicende politiche che in quegli anni investirono il Polesine. Prima la cosiddetta Guerra del Sal (1482-1484) che vedeva opporsi la Serenissima al Ducato di Ferrara per il possesso del Polesine, conclusasi con la pace di Bagnolo e il passaggio definitivo del Polesine di Rovigo a San Marco. Poi la guerra tra Venezia e la Lega di Cambrai che, con le sconfitte di Agnadello, 14 maggio 1509, e di Polesella, 22 dicembre dello stesso anno, vide le truppe dei collegati invadere tutto lo Stato da Terra fino ad attestarsi sulla gronda lagunare.

Nel 1519 si ebbe una ripresa temporanea dei lavori (o un nuovo inizio?) come riportato nel già citato documento pubblicato da Romagnolo. “Nota che adi 9 de novembre 1519 cominciassimo a fondare lo nuovo monastero di S. Bartolomeo de Rovigo, e la prima preda la messi mi f. Christoforo da Lugo indegno Priore del monastero predetto”[14]. Si dovettero attendere quasi altri quattro anni prima che, “il 20 aprile 1523 comenzassemo a seguitare la fabbrica dali fondamenti del novo monastero de S. Bartolomeo soprascrito de Ruigo per me fra Hyeronimo de Ferara Priore quamvis indigno del predicto monastero”[15].

L’edificazione del nuovo complesso monastico procedeva egregiamente e senza apparenti intoppi come testimoniano i “Libri fabriche”[16]. Della costruzione del “quadrato chiostro” con “dodici camere all’intorno, oltre varie di domestico servizio”[17], venne incaricato l’architetto Alberto Tristani, fratello di “Bartolomeo collaboratore e – in qualche fabbrica – continuatore del Rossetti”[18], presente a Rovigo tra il 1524 e il 1528[19]. “Si continuò il soggiorno per molti anni in questo solo chiostro niente abbellito”[20] almeno fino alla metà del XVI secolo quando venne deciso di ingrandire il complesso monastico continuando “la fabbrica del dormitorio e le camere di sotto della foresteria allungando insieme porzione dalla parte del noviziato di oggidì”[21]. Dallo scritto dell’abate Rossi emerge che, fino al 1550, i monaci occupavano solo l’attuale primo chiostro, che questo non era stato ancora dipinto e che, nello stesso periodo, si diede inizio alla costruzione dell’ala orientale dell’odierno secondo chiostro. Rossi sostiene, inoltre, che per la costruzione di questa e della nuova chiesa, il cui progetto viene attribuito dall’abate rodigino al perito Bartolomeo Bonrizzo, il monastero si dotò di una fornace[22].

Tra il 1558 e il 1573 è a Rovigo Bartolomeo Facino e, secondo Mazzetti[23], a lui vanno attribuite le decorazioni del primo chiostro e la direzione dei lavori per la costruzione della nuova chiesa. Sulle pitture murali del primo chiostro Bartoli[24] – che peraltro aveva avuto la possibilità di vederle -, individua nella mano di Adone Doni da Assisi (1500 c.-1575) l’autore del ciclo sulle storie della Genesi.

Sappiamo da Rossi che la posa della prima pietra della chiesa avvenne in una suggestiva cerimonia il 21 marzo del 1562 e che questa fu terminata, ad eccezione del campanile, “sul finire del 1565”[25]. Il campanile, “che [nel 1565] si era alzato per soli 10 piedi da terra e nel 1576 per altri 20 piedi, terminato poscia a perfezione e con le campane nell’anno 1592”[26], venne realizzato su progetto di Andrea Schiatti, lo stesso architetto estense che a Ferrara completò la chiesa del monastero olivetano di San Giorgio. La presenza di artisti ferraresi nel monastero rodigino rientra nella dipendenza giuridica, ma anche culturale, dal monastero olivetano di San Giorgio di Ferrara, dipendenza che finirà negli anni ottanta del XVI secolo allorquando il monastero di San Bartolomeo, in seguito alle pressioni della Serenissima, verrà aggregato alla provincia olivetana veneta, anche se territorialmente rientrava nella Repubblica di Venezia dal 1484.

Certo è che le maestranze nel 1592 non erano ferraresi, come testimonia l’impegno assunto il 17 febbraio dai “messeri Paoli da Chiozza murari et marangoni […] di fare un novitiato con quattro camere nell’andito tra la chiesa e la parte della loggia di sopra verso detta chiesa”[27]. Il documento è di particolare interesse; ci fornisce infatti non solo la descrizione e collocazione primigenia del noviziato nonché l’anno della sua costruzione, ma anche l’indicazione che la sistemazione interna del primo chiostro nel 1592 non era ancora ultimata.

Gli “eventi straordinari e drammatici che hanno sconvolto la penisola”[28] nella prima metà del XVII secolo non sono certamente estranei ad un certo immobilismo edilizio del monastero di San Bartolomeo. Una ripresa si avrà solo nella seconda metà del secolo; è interessante rilevare come la ripresa dell’attività edilizia nel ‘600 coincida con l’inizio della reggenza del monastero da parte di abati della “natio rhodigina […] che restano al governo della comunità dal giorno della nomina fino alla morte”[29], mentre, fino alla prima metà del XVII secolo, gli abati restavano in carica un massimo di tre anni. La perpetuità della reggenza dello stesso monastero favorirà “l’accentuarsi del carattere nobiliare e aulico”[30] di quest’ufficio, l’abate proveniva dalle fila della nobiltà della stessa comunità e, spesso, si formava fin da novizio, nello stesso cenobio. Questo portava ad abati sempre più simili “a piccoli signori assoluti sulle terre del loro monastero”[31].

ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 1, Catastico 1681.

Durante il governo dell’abate Bugati[32], tra il 1671 e il 1681, il cenobio “fu accresciuto […] al 2° chiostro furono aggiunti i colonnati alle fabbriche già esistenti […] e così ancora nei sudetti […] anni furono fabbricati di pianta le stalle del monastero”[33], fu costruita la facciata della chiesa e molto probabilmente vennero eseguite le decorazioni a stucco al suo interno. Accrescimenti che appaiono evidenti raffrontando la mappa nota come “Rhodigium del Mortier” (edita ad Amsterdam nel 1704 ma realizzata da un’incisione precedente, che “segue l’impostazione delle vedute urbane raccolte da Joan Bleau nei sui celebri atlanti”[34] pubblicati solo in parte nel 1663), con il Catastico del 1681[35].

 

In particolare merita soffermarsi sul secondo chiostro e sul portico dell’edificio settentrionale. Nel Mortier questo è raffigurato in muratura piena al piano terra mentre presenta una loggia al piano superiore. Elementi che vengono ribaltati nel Catastico del 1681, con un portico colonnato al piano terra e una parete piena al piano primo. Cosa interessante è rivelare che il portico al piano terra non risulta aggettante rispetto all’edificio, in altri termini questo è stato realizzato per sottrazione, andando cioè a togliere degli ambienti, e non per addizione. Infatti qui si trovava la “foresteria da basso” essa era, fino al 1670 circa, verosimilmente costituita da un lungo corridoio centrale, ancor oggi presente, sul quale si aprivano le varie camere che erano disposte su ambo i lati dello stesso. Quando, nel 1671, si decise di porticare questa parte si eliminarono le stanze rivolte ad occidente, il portico pertanto non è il risultato di un’aggiunta ma piuttosto di una sottrazione di spazi.

ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 1, Catastico 1681, particolare.

Sappiano anche l’anno esatto in cui questo intervento ebbe luogo: il 1673 come testimonia la data incisa sul primo e sull’ultimo capitello del colonnato.

capitello_2

Capitello del colonnato

capitello_1 Data che precede di tre anni quella riportata sui capitelli simmetrici del portico della nuova costruzione, 1676, il che ci permette di datare la conclusione dei lavori della costruzione della nuova ala meridionale. Non altrettanta precisione si ha nella datazione della rimessa per carri e carrozze (la cosiddetta legnaia) delle stalle che andavano a chiudere questo secondo chiostro, la prima, e il cortile finitimo, la seconda, che comunque furono certamente ultimati nel 1681.

Il secolo dei lumi vede l’attività edilizia monastica limitarsi a opere di manutenzione (ordinaria e straordinaria) ma mai tali da imprimere modifiche radicali al complesso monastico. In particolare l’impianto planimetrico resta immutato rispetto a quello del 1681 come si evince dalla mappa dell’Estimo del 1775, e tale resterà fino alla metà del secolo successivo quando verranno demolite le stalle e la rimessa delle carrozze che chiudevano rispettivamente i lati meridionali del cortile e del secondo chiostro.

ACRo, Mappa dell’Estimo 1775, Caseggiato interno della Città di Rovigo, Borgo di San Bartolomeo, c.8.

Queste opere di manutenzione sono puntualmente annotate da Don Alessandro Rossi, abate di governo dal 1733 al 1765, nel suo Notabilium. Lo studio dello scritto di Rossi, unitamente ad altre fonti, ci permettono anche di avanzare alcune ipotesi circa la distribuzione e la destinazione d’uso degli spazi interni del cenobio; per semplicità e per una più agevole lettura abbiamo sintetizzato le notizie sparse tra le oltre 400 pagine del testo in due schemi, di seguito riportati, relativi ai due piani del complesso monastico.

Riassumiamo la cronologia dell’attività edilizia che ha portato l’abbazia di San Bartolomeo ad avere la configurazione architettonica attuale.

  • 1255 fondazione chiesa e domus umiliata
  • 1478 posa prima pietra del nuovo monastero olivetano
  • 1479 – ’80 inizio lavori
  • ante 1519 – 1550 costruzione primo chiostro
  • 1562 – 1565 costruzione nuova chiesa
  • 1550 – 1600 (?) costruzione corpo orientale (senza colonnato) del secondo chiostro
  • 1562 – 1592 costruzione del campanile
  • 1671 – 1681 completamento secondo chiostro e costruzione del terzo di cui oggi esistono solo il lato settentrionale e quello occidentale, il cosiddetto “corpo L”

 

Schematicamente si possono individuare quattro fasi dell’evoluzione architettonica del complesso monastico:

  1. Domus umiliata (1255 – 1478)
  2. Quadrato chiostro (1478 – 1565)
  3. Nuova chiesa; corpo orientale; campanile (1565 – 1592)
  4. Completamento del secondo chiostro e del cortile delle stalle (1671 – 1681)

NOTE

[1] Picasso Giorgio, L’annessione del monastero di S. Bartolomeo, p. 47, in Il monastero di San Bartolomeo di Rovigo, Rovigo, 1979.
[2] ACRo, Conc. ms 156, c. 347, c. 429.
[3] ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 417, cc. 113r – 114v.
[4]Questa ricostruzione degli eventi riportata dall’abate Rossi è stata confuta Giorgio Picasso, il quale sostiene invece che la bolla in cui Sisto IV accoglie le richieste degli olivetani sia coeva a quella con cui lo stesso pontefice concede, all’ordine benedettino, il monastero di San Bartolomeo (21 ottobre 1474). A sostegno della sua tesi, Picasso cita una copia settecentesca della bolla e motiva l’insediamento dei primi olivetani, avvenuto nel 1476, con ritardi nell’attuazione della bolla stessa. Picasso Giorgio, L’annessione del …, p. 48, in Il monastero di San Bartolomeo di Rovigo, Rovigo, 1979.
[5] Traniello Leobaldo, Andreina Milan, L’architettura della città, p. 151, in Rovigo. Ritratto di una città, Rovigo, 1988.
[6] Tagliabue Mauro, Gli abati di S. Bartolomeo, p. 77, n. 37, in Il monastero di San Bartolomeo di Rovigo, Rovigo, 1979.
[7] Cfr. ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 69, Notabiluom, cc. VI r e VI v; ms. 417, c. 153. e Conc. ms. 156, c. 429.
[8] ACRo, S. B., b. 417, c. 154 e Conc. ms. 156, c. 429.
[9] ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 417 c. 154 e Conc. ms. 156, c. 429.
[10] ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 69, Notabiluom, cc. VI r e VI v.
[11] ACRo, Conc. ms 156, c. 391.
[12] Romagnolo T., Le pitture della chiesa del monastero di San Bartolomeo di Rovigo, p. 107 e n. 4. in Il monastero di San Bartolomeo di Rovigo, Rovigo, 1979.
[13] ACRo, Conc. ms., b. 459.
[14] ACRo, Conc. ms., b. 459.
[15] Idem.
[16] ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 67. Si tratta di 4 volumi rilegati nei quali vi sono elencate tutte le spese relative alla costruzione, del monastero. Libro I 1523-1553 con il disegno di un non meglio individuato corpo di fabbrica (forse si tratta della parte verso la chiesa di quello più orientale) in copertina; libro II 1555-1563; libro III 1562-1585; libro IV diviso al suo interno in due parti 1592-1596 e 1607-1624.
[17] ACRo, Conc. ms 156, c. 429.
[18] Padovani G., Architetti ferraresi, p. 95, Rovigo, 1955.
[19] Cfr. Mazzetti A., Il monastero di San Bartolomeo di Rovigo. Testimonianze archivistiche di vita culturale, religiosa ed economica dal XIII al XIX secolo. Breve guida alla mostra, Rovigo 1979, p. 10.
[20] ACRo, Conc. ms 156, , c. 347.
[21] ACRo, Conc. ms 156, c. 347.
[22] Idem.
[23] Cfr. Mazzetti A., Il monastero di San Bartolomeo di Rovigo. Testimonianze …, op cit., p. 10.
[24] Bartoli F., Le pitture, sculture, ed architetture della città di Rovigo, Venezia 1793.
[25] ACRo, Conc. ms 156, c. 430. “… cosicchè […] attesero quei buoni religiosi la memorabile festa del glorioso Patrono nostro S. Benedetto che ricorre il 21 marzo nell’anno 1562. Cantarono con piena solennità la Gran Messa nella chiesa vecchia che avea, come si è detto, la porta maggiore sulla strada, indi il Padre Abate, vestito alla Pontificale, accompagnato dai monaci e molto concorso di popolo in processione, partito dalla vecchia chiesa portossi al sito ove dovea fabbricarsi la nuova ed ove si trovava la pietra di marmo che avea egli fatta lavorare ed in cui aveva fatti incidere i nomi del Doge Serenissimo del Podestà di Rovigo e di Mons. Vescovo di Adria allora viventi. Arrivati tutti al prefato sito e postisi in orazione, dopo qualche intervallo di tempo si alzo dall’orare il Padre Abate e presa detta pietra, che era lunga quattro larga due piedi, con l’aiuto dei circostanti fu gettata per la prima nelle fondamenta della nuova chiesa a gloria sempre dell’Altissimo”.
[26] Idem.
[27] ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 66, vol. II 1562-1607, c. 30 r.
[28] Tagliabue M., Gli abati di S. Bartolomeo, p. 69, in Il monastero di San Bartolomeo di Rovigo, Rovigo, 1979.
[29] Tagliabue M., “Gli abati di …“, op. cit., p. 68.
[30] Ibidem, p. 69.
[31] Idem.
[32] Ibidem, p. 97.
[33] ACRo, Conc. ms 156, c. 431.
[34] Ghironi S., Rovigo e Adria. Piante e vedute dal 1625 al 1886, scheda 8, Padova 1995.
[35] ACRo, Archivi delle Congregazioni religiose soppresse, Monastero di S. Bartolomeo, ms. 1, Catastico 1681

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